“Maledetta macchiolina! Questa volta non ci resti mica qui. E no, questa volta sparisci per sempre.”
Pensò fissando con determinazione quel piccolissimo alone sullo specchio. Col fare di uno sceriffo in missione, impugnò lo spruzzo del detersivo e sparò con ferocia un colpo svolazzante di alcol sul vetro.
Era da una vita intera che puliva con quotidiana cadenza lo specchio di quella camera. Ne conosceva ogni angolo, ogni centimetro: sapeva che in alto destra rimaneva sempre un alone fastidioso che fortunatamente si intravedeva solo quando calava il sole al tramonto, per pochi minuti, prima che l’ombra inondasse tutta la piccola stanza. Sapeva che l’angolo a sinistra era leggermente sbeccato, difetto causato da chi lo montò il giorno stesso in cui lo specchio entrò in quella casa.
“Trent’anni ormai.” Mormorò tra sé e sé, attaccando con lo straccio quella maledetta macchiolina, la quale, insistente, restò lì finché Ada non decise di alitarci sopra, strofinando con tutta la sua forza fino a farla scomparire.
Nel prendere fiato dopo quella piccola prova di forza, osservò con accuratezza quell’angolo di vetro, gratificando sé stessa per il bel lavoro concluso.
Ma bastò un attimo. Lo sguardo cambiò fuoco, spostò la sua attenzione su altro.
Stava lì, riflessa davanti al suo volto. E la fissava.
“Trent’anni ormai.” Sussurrò.
Era da tempo che non si guardava allo specchio. O meglio, si guardava si, la mattina quando pettinava quei pochi capelli bianchi rimasti, o quando stendeva un velo di trucco sulle rughe stanche intorno agli occhi. Ma non si osservava mai. Da anni non studiava più il suo volto. E quasi si spaventò quando lo vide di fronte a sé quel pomeriggio.
Quegli occhi, ora abbracciati da un ventaglio di rughe strette ed ordinate, non avevano ancora perso la brillantezza di quando avevano solo vent’anni e conquistavano la fiducia di chi sapeva scrutarli nel profondo. Quante immagini avevano catturato. Come nella proiezione di un film in bianco e nero, iniziarono a scorrere davanti a quello specchio, saltando nel tempo della vita con un’accuratezza degna della migliore regia. E tutti i momenti più belli si susseguirono: i giochi con le sue sorelle nel cortile sotto casa, il calore del sole che le riempiva nascondendosi tra i panni svolazzanti stesi sul tetto in estate, il mare con i suoi riflessi nei pomeriggi di primavera, quando mano nella mano con quello che sarebbe poi diventato suo marito, affondava i piedi nudi nella sabbia bagnata. E poi le loro mani che si scambiavano gli anelli il giorno del loro matrimonio, in quella piccola chiesa di campagna. La semplicità del loro piccolo giardino, il fiorire del pesco piantato nei primi anni di vita insieme. E poi…
La lacrima che scese lentamente sulla sua guancia la distrasse da quel tuffo nella sua vita.
“Trent’anni ormai”. Sussurrò nuovamente accarezzando la sua guancia bagnata, immaginando quello che sarebbe potuto essere se lo scorrere del tempo non si fosse fermato a quella mattina di trent’anni fa.
Il suono del campanello la fece sussultare Ada, scostando la sua mente da quell’immersione nel mondo dei se.
“Trent’anni ormai, amore mio.” Sussurrò l’uomo dentro allo specchio, guardando la sua vecchia amata allontanarsi da lì, nell’attesa di riuscire di nuovo a strapparla da quel suo stanco presente attraverso il suo sguardo, per farle fare un nuovo viaggio in ciò che era stato e che per lui era ancora.
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Buona lettura!
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