Oggi più che mai sento accanto a me, seduta nella mia stessa stanza a respirare la mia stessa aria la minaccia di una guerra.
Non andrò ad infilarmi in discussioni geopolitiche sul ruolo di una silenziosa Europa di fronte alla spartizione di quelle che saranno risorse indispensabili per il futuro della nostra specie, contese come un giocattolo da alcune delle potenze più distruttive del mondo. Lascio la politica a chi la fa di mestiere.
In questo momento penso semplicemente ai miei concittadini, alle persone che ogni giorno condividono con me questa esistenza chiamata vita.
Penso ai bambini i quali probabilmente non hanno idea di cosa stia accadendo nel mondo attorno a loro, nebuloso universo ancora da scoprire.
Penso alle loro madri, a quelle che spesso e volentieri ribadiscono il loro disinteresse nei confronto di quello stesso universo che hanno deciso di conoscere solo per un centesimo della sua totalità, troppo impegnate come sono a gestire lavoro, famiglia e appuntamenti dall’estetista per rifarsi le unghie.
Penso ai loro padri, anch’essi assorbiti dal guadagno, dai soldi che salgono o scendono sul conto, dalle partite da andare a vedere con gli amici in quell’unico sabato d’aria del mese, alle immancabili birre che concludono la serata accompagnate da discorsi sulla superiorità di un 2600 benzina rispetto ad una elettrica fatta in Cina che non si sa nemmeno se avrà pezzi di ricambio.
Penso alle code di quelle stesse macchine che incrocio ogni sabato e ogni domenica di sole incolonnate all’Outlet di Noventa di Piave mentre fuggo in montagna ad abbracciare la natura che mi aspetta nel silenzio dei boschi.
Penso ai loro genitori, ai nonni, nuovi eroi di oggi che hanno sacrificato la loro pensione per diventare baby sitter e sopperire all’inflazione, una marea di BTP camminanti in grado di salvare l’economia domestica di migliaia di famiglie italiane.
Penso alle serate di queste famiglie passate nel silenzio delle cene in cui non si discute più di nulla, in cui i tablet fanno da balia e le Tv da coniugi.
Penso a tutti loro, alle loro priorità: il colore dello smalto, la marca della borsa, il numero di scarpe in sconto che manca, la nuova serie di Netflix, le festine di compleanno, i giocattoli da comprare, le braghe da buttare perché scucite, lo yogurt scaduto da un giorno buttato nel bidone delle immondizie, le buste di verdura surgelata, la convinzione che le mucche facciano il latte fin dalla nascita e che i pomodori crescano in due settimane.
Penso a tutti loro, a tutti questi figli del presente, divorati da luoghi comuni divenuti ormai reali, tangibili, modi di approcciarsi al mondo che io stessa ho ascoltato, visto, incontrato e la cui veridicità può essere confermata dall’esperienza di chiunque abbia a che fare con la quotidianità cittadina della nostra epoca.
Penso a loro e mi chiedo: sono pronti alla guerra? Sono pronti a togliersi il pane di bocca per darlo a chi è più debole? Sono pronti a sporcarsi le mani per coltivare del cibo? A sgozzare un pollo e a far gocciolare il suo sangue in un catino? Sono pronti a rammendare vestiti, accendere fuochi? Sono pronti a vedere la morte, quella vera, per le strade delle loro città? Sono pronti a mettersi in fila, sporchi, assieme ad altre centinaia di loro simili, eguagliati dalla miseria, per ricevere del cibo di cui ignorano la provenienza?
Una risposta non la ho. Guardando la minaccia della guerra, seduta qui accanto a me, mi chiedo se io stessa sono pronta a viverla, una guerra. Ripenso ai racconti di mia nonna, all’altruismo di cui mi parlava, alla voglia di aiutarsi che invadeva l’animo di molti negli anni ‘40. Ripenso a mio nonno, fuggito dalle trincee e dai tedeschi, accolto, sfamato e salvato dai contadini delle campagne venete. Ripenso a loro, ai racconti, ai libri, a tutto ciò che ho imparato di quegli anni duri, anni in cui la miseria conviveva con la vita, ospite da dover gestire nella propria quotidianità.
Realizzo che quella miseria in grado di partorire tanto altruismo io non l’ho mai conosciuta. E come me migliaia di persone.
Quindi mi chiedo: noi figli del benessere, dei supermercati, dei frigoriferi pieni di cibo, della possibilità, della velocità, dell’abbondanza, nel caso non più così remoto di una guerra reale, cosa partoriremo?
Se ti è piaciuto questo articolo ti invito a visitare questa pagina in cui troverai altre riflessioni. Buona lettura!
Dai un occhio agli ultimi articoli pubblicati:
-
Lettera di una Cortigiana stanca
La mia delicata esistenza fu per secoli accompagnata da centinaia di uomini savi e giusti, che seppero sfruttare le mie qualità al meglio, aiutandomi a crescere.
-
Sanremo, TikTok, balletti e cuoricini
Sanremo quest’anno ha sancito ufficialmente la sua dipendenza dal fittizio universo social. Siamo sicuri che siano solo cuoricini?
-
A spasso con Seneca
Perché non si è all’altezza di morire ogni giorno e si butta via il tempo nella speranza di un ritorno?
-
13 euro valgono l’attesa
Forse riuscirò a difenderti, a far allontanare le loro zampine golose, non ne sono certa, ma almeno ci proverò. Io credo nella tua forza e ho pazienza.
-
Siamo pronti alla guerra?
Siamo pronti alla guerra?
-
Giacomo Leopardi era depresso?
Solo chi ama la vita ha il coraggio di smascherare i suoi aspetti più scomodi, avvicinandosi al concetto di morte, di sofferenza.
Condividi questo articolo