Di recente mi è capitato di rivedere per la milionesima volta un film che si potrebbe definire un pilastro per noi millenials. No, non parlo del Gladiatore, nemmeno del Titanic, neanche delle Iene o del Padrino. Parlo di Sister Act. O meglio, di Sister Act 2.
Se non lo avete presente in questo momento (fatto a cui stento a credere) il primo dei due film è quello in cui una lucida Whoopi Goldberg interpreta una cantante di night, Dolores Van Cartier, costretta a nascondersi in un convento di suore per celare la sua identità dopo aver assistito ad un omicidio per mano del suo amante.
Da questo piccolo aneddoto si sviluppa tutta la trama che vedrà poi la protagonista trasformarsi in direttrice di un coro di suore il quale riavvicinerà i fedeli alla chiesa e sancirà la rinascita di un quartiere fino a prima in mano al malaffare e alla trasandatezza.
Nel secondo capitolo della vicenda la protagonista, ormai tornata ai fasti dei night, viene ricontattata dalle stesse suore per aiutarle nel gestire un corso di canto in una scuola privata oramai in decadenza, dove la noia vige come unica regola. La nostra Suor Maria Claretta, questo infatti il suo nome quando indossa il velo, riesce nell’incarico, creando dal nulla un coro vero e proprio di giovani voci di successo. Ma al di là della trama, della comicità e del messaggio conservato all’interno di questo film oramai retrò, è del 1993, all’interno della pellicola c’è una scena che passa spesso in sordina, la quale è sempre rimasta impressa nella mia mente.
Tra le varie voci che andranno a formare il coro della scuola, una in particolare spicca tra le altre: è quella di Rita Watson, una studentessa con una spiccata passione per il canto la quale viene troncata sul nascere da una madre troppo severa. Suor Maria Claretta intuisce il dolore della ragazza nel dover rinunciare forzatamente alla sua dote e nonostante gli screzi iniziali insiste nel convincerla a tornare nel coro. Fattore determinante per il concorso finale in cui Rita canta come voce solista sorprendendo il pubblico e convincendo la madre del suo talento.
Ciò che colpisce è il mezzo attraverso il quale la ragazza riscopre la sua vocazione e prende la decisione di andare contro ai voleri della madre. In una scena brevissima Suor Maria Claretta intercetta Rita all’uscita della scuola. La ragazza è ovviamente svogliata, stanca di essere perseguitata dalla sua insistenza, ma nonostante tutto la ascolta.
Allora Suor Maria Claretta tira fuori dalla tunica un libricino: “Lettere a un giovane poeta” di Rainer Maria Rilke. E riassume in due frasi il concetto espresso in una delle lettre più belle che esso contiene. Ecco il dialogo:
“Una tale una volta gli scrisse e gli chiese “Voglio diventare uno scrittore, la prego di leggere le mie cose.” Rilke rispose a quel tale “Non chiedere a me come si diventa scrittori. Se quando ti svegli la mattina non puoi pensare ad altro che allo scrivere, allora sei uno scrittore“. Ora io voglio dire la stessa cosa a te (Rita). Se ti svegli la mattina e la prima cosa che ti viene in mente è quella di cantare, beh allora ragazza devi diventare una cantante!”
Rita viene colpita da queste parole e chiede: “Dove vuole arrivare sorella?” E Suor Maria Claretta le schiaccia addosso il libretto accompagnando il tutto con un perentorio “LEGGI IL LIBRO“.
Ecco qui la scena in italiano:
Rilke dice proprio questo nelle sue lettere scritte nei primi anni del 1900 e realmente inviate ad un giovane scrittore in cerca di consigli ed approvazione. Nacquero come lettere private ma da quando vennero pubblicate nel 1929 divennero una vera e propria guida per tutti coloro i quali sono alla ricerca di uno stimolo per ritrovarsi, persi nella consueta via del dubbio della nostra vita.
La prima tra tutte è la lettera più significativa, quella a cui si riferisce Suor Maria Claretta nel suo discorso a Rita.
Voi domandate se i vostri versi sono buoni. Lo domandate a me. L’avete prima domandato ad altri. Li spedite a riviste […] Ora vi prego di abbandonare tutto questo. Nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C’è una sola via. Penetrate in voi stesso. Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate s’essa estenda le sue radici nel più profondo luogo del vostro cuore, confessatevi se sareste costretto a morire, quando vi si negasse di scrivere. Questo innanzitutto domandatevi nell’ora più silenziosa della vostra notte: debbo io scrivere? Scavate dentro a voi stesso per una profonda risposta. […] penetrate in voi stesso e provate le profondità in cui balza la vostra vita; alla sua fonte troverete voi la risposta alla domanda se dobbiate creare.
Rainer Maria Rilke – Lettere a un giovane poeta
Molti anni fa lessi anche io quel libro. In parte me ne dimenticai con gli anni e solo pochi giorni fa mi tornò alla mente guardando Sister Act. Lo cercai tra gli scaffali della libreria e lo rilessi. Sfogliarlo e vederlo sottolineato e pieno di appunti mi fece sorridere. Quante nuove verità nasconde ancora!
Ora lo consiglio a chiunque abbia un dubbio su quale sia la sua vera vocazione, il suo vero talento. Il talento non merita di essere sepolto dietro alla polvere dei cassetti della memoria. Va preso, rispolverato e coltivato, che sia per semplice divertimento o per professione.
Possiamo aiutarci nel capirci guardando ciò che esiste all’esterno, attorno a noi. Ma le risposte alle domande più intime possiamo solo trovarle scavando in noi. Ecco cosa ci vuole dire Rainer con le sue parole. Ecco cosa dice Suor Maria Claretta a Rita, quella ragazza amante del canto che nella vita reale si chiama Lauryn Hill e grazie a Sister Act è diventata una delle cantanti neo soul più talentuose della nostra epoca. E chissà, forse anche grazie alle lettere di Rainer Maria Rilke.
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Buona lettura!
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Autore: Rainer Maria Rilke
Titolo: Lettere a un giovane poeta
Pagine: 142
Casa editrice: Adelphi
“Lettere a un giovane poeta”, “Lettere a una giovane signora” e “Su Dio”: un insieme di lettere per ritrovare il proprio talento.
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