Giacomo Leopardi era depresso?

Qualche giorno fa mi è capitata tra le mani un’edizione abbastanza speciale dei Canti del caro Giacomo Leopardi. Sono sincera, delle opere di Giacomo ho più di una copia: una tutta consunta probabilmente ereditata da qualche vecchia libreria dismessa, una in versione iper-economica contenente una selezione dei canti più famosi e quella di cui sto parlando ora.

È edita da Feltrinelli e ricordo di averla comprata alla coop allo stracciato costo di ben 3€ in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. All’epoca avevo da poco finito la scuola e usare i miei guadagni per comprare una mia personalissima opera di Giacomo non aveva prezzo.

Insomma, tra tutte negli anni quella è diventata la mia raccolta preferita, ma solo ultimamente mi è venuta la voglia di riprenderla e sfogliarla alla ricerca di ispirazione.

Nel farlo gli occhi mi sono caduti non su una poesia, bensì su una lettera del 1824 rivolta a Leonardo Trissino, un letterato coetaneo del caro Giacomo, un amico di penna di molti artisti del tempo.

In soldoni Leonardo invita Giacomo a scrivere e comporre versi, dato che in futuro il periodo storico a loro contemporaneo sarà ricordato proprio per le lettere e le poesie. Al che Giacomo controbatte affermando che oramai nello stato di scatafascio in cui si trova la penisola (siamo nei primi anni del 1800, Napoleone se ne è andato da una decina d’anni portandosi via le sue utopie repubblicane e le monarchie hanno ripreso il loro posto comodo in cima alla piramide del potere) la scrittura è diventata un vero e proprio affare da cui trarre guadagno, al contrario di quando in passato era un semplice passatempo. Giacomo accetta l’invito di Leonardo, continua a scrivere (per nostra fortuna) ma invita l’amico a non sorprendersi se i temi delle sue opere rispecchieranno l’epoca storica in tutta la sua tristezza. E nel dire questo aggiunge una frase che mi ha colpito:

“Diceva il Petrarca: “ed io son un di quei che ‘l pianger giova”. Io non posso di questo, perché il piangere non è inclinazione mia propria, ma necessità dei tempi e volere della fortuna.”

Ma come?

Il poeta che tutti per anni a scuola, nei film, nelle fiction ci hanno descritto come depresso e pessimista si definisce non incline al pianto? Come è possibile?

Ecco i problema. Per anni, per troppi anni Giacomo Leopardi è stato descritto come una persona malata, gobba, pessimista e perfino depressa. Ma pensiamoci un attimo: se il povero Giacomo fosse stato veramente depresso e pessimista come descritto dalla maggior parte dei critici, probabilmente non avrebbe mai preso una penna in mano per sfogare il suo dolore sulla carta.

Pensiamo a noi. Cosa facciamo quando abbiamo una giornata nera? Prendiamo carta e penna per descrivere le nostre tristezze o ci buttiamo sul divano lasciandoci lobotomizzare da Netflix e dai reel di Instagram?

Lo stesso valeva duecento anni fa. Se fosse stato realmente depresso, probabilmente Giacomo avrebbe trascorso i suoi giorni in preda alla noia, dormendo a letto, sfogliando svogliato i libri per poi richiuderli dopo averne lette due misere righe e gettando via il suo tempo in attesa della morte o peggio ancora provocandosela.

Al contrario il giovane favoloso ha passato la sua intera breve esistenza (morì purtroppo a 39 anni) andando alla ricerca di risposte sul senso della vita, leggendo e studiando, secondo alcune stime, tre quarti della biblioteca paterna (che per la cronaca era costituita da circa 20.000 volumi: facendo due conti, pare che Giacomo abbia messo gli occhi su 14.000 libri in vita, circa 450 libri all’anno. Secondo l’ISTAT un “lettore forte” oggi in Italia ne legge circa 12…all’anno).

Giacomo indagava il mondo sondandolo a fondo. Il suo amore per la vita era talmente forte da spingerlo ad andare oltre al velo della superficialità in cui tutti notoriamente si fermano, scavalcando la banalità della quotidianità e cercandone il senso, il significato.

Solo chi ama la vita ha il coraggio di smascherare i suoi aspetti più scomodi, avvicinandosi al concetto di morte, di sofferenza. E i versi di Giacomo ne sono intrisi: morte, vita, sofferenza, insensatezza sono gli ingredienti che formano la sua poetica. Ma non sono da intendersi in senso negativo e pessimista. Anzi al contrario! Giacomo li aveva assimilati, compresi, digeriti.

Sono i nostri filtri a collegare naturalmente l’idea di morte al pessimismo (morte=cosa brutta) perché spesso siamo i primi ad averne paura e la paura genera panico e il panico genera negatività.

Ma la poetica di Giacomo, come quella di tutti i grandi poeti, reagisce al contrario.

Accettando la morte e non provando più imbarazzo e panico di fronte ad essa, si è abilitati ad osservare la vita con maggior consapevolezza. La depressione imputata a Giacomo non era altro che sensibilità, attenzione verso l’universo intero concreto e non che lo circondava.

Oggi la sensibilità fa paura e ci viene spontaneo rilegare agli angoli della società chi questa sensibilità la esprime.

Risfogliando la mia edizione dei Canti mi sono chiesta al giorno d’oggi che fine avrebbe fatto una personalità come quella di Giacomo. Nei suoi anni qualità quali la sensibilità associata alla poesia, alla buona prosa e alla compostezza erano doti ricercate dai più.

Oggi si cerca lo scalpore, la volgarità, la superficialità.

Chissà se oggi Giacomo avrebbe séguito come duecento anni fa, magari riempiendo i teatri con le sue poesie, firmando autografi dentro ai suoi libri e postando selfie su Instagram con i suoi fan.

Forse si limiterebbe a scrivere i suoi pensieri su un taccuino e a tenerseli stretti in privato, impaurito dalla gogna mediatica a cui potrebbe andare incontro rendendoli pubblici.

Non lo sapremo mai, ma sono certa che tanti piccoli Giacomo esistono tutt’oggi: devono solo trovare il coraggio di esternare la loro sensibilità non scambiandola per una debolezza.


Se ti è piaciuto questo articolo ti invito a visitare questa pagina in cui troverai altre riflessioni. Buona lettura!


Dai un occhio agli ultimi articoli pubblicati:


Condividi questo articolo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Vuoi copiare i miei articoli? Contattami!